(versione consegnata
per la stampa)
Nella percezione comune, anche degli specialisti, leretico bassomedievale non il personaggio di spicco. Non Federico II di Svevia, lo stupor mundi, non Ezzelino da Romano, il tiranno per eccellenza, che pure furono accusati deresia. No, leretico quello inseguito dagli inquisitori, quello su cui si possono rovesciare non solo laccusa di professare dottrine eterodosse, ma le colpe pi disparate: di praticare la sodomia, lusura, di essere ebrei, di bestemmiare, di non frequentare le chiese, di essere genericamente miscredenti, e cos via. Sono personaggi di solito di una classe sociale intermedia, n disgraziati senza arte n parte, ma neppure ricchi e potenti, di quelli insomma che ci si pu trovare a fianco tutti i giorni, in ogni luogo, citt e campagna.
Ma se laccusa di eresia pu cadere su chiunque, soprattutto sugli avversari del papa, in senso tecnico leretico normalmente il valdese o il cataro, o il seguace di un qualche personaggio con poche o molte idee eterodosse, Dolcino su tutti; su questo non cՏ discussione tra gli studiosi. Almeno fino a qualche anno fa. Oggi – finalmente! - si fa strada qualche dubbio perfino su questo.
Come dobbiamo chiamare i dissidenti religiosi in Linguadoca fra XII e XIV secolo che non siano valdesi o beghini? – si chiede oggi un giovane studioso francese, Julien Thry. Perch quelle che fino a ieri erano sicurezze – finalmente! - almeno per alcuni non lo sono pi. Enormi contraddizioni di una secolare storiografia ereticale sono risultate - ad alcuni - evidenti ed inconciliabili. Per quanto ci si sia sforzati di superarle, ricorrendo al sincretismo ereticale, vero deus ex machina di chi infastidito dalle incompatibilit di fatto, i conti non tornano; per quanto ci si sia sforzati di moltiplicare le analisi su fonti eterogenee, al fine di spiegare linspiegabile e di rendere coerente lincoerente, le incertezze sono cresciute negli studiosi pi aperti in misura enormemente maggiore rispetto alle sicurezze.
Non si tratta, naturalmente, di una pura questione nominalistica, visto che luso del termine cataro rimanda ad una dottrina teologica, ad una gerarchia sacrale, ad un complesso di riti e di comportamenti, tangibili e mentali, piuttosto omogenei. Mettere in dubbio la legittimit – storiografica – di un nome significa sottoporre ad analisi critica lintero quadro delleresia quale ci stato trasmesso dalla chiesa ufficiale contemporanea, e, soprattutto, lassunzione di quel quadro fatta – acriticamente? - dalla storiografia moderna pi accreditata.
Constatare una massiccia offensiva antidualistica di quella chiesa, nei trattati, nei sermoni e nei manuali per gli inquisitori, a ben guardare, non dimostra lesistenza di una anti-chiesa a tendenza, pi o meno accentuata, dualistica, ma solo la volont di presentare ai fedeli - che sono poi tutti, visto che non neppure immaginabile che uno non sia anche un fedele cristiano – limpossibilit di una fede non ortodossa, in ultima analisi non conforme a quella che predica listituzione ecclesiastica. La chiesa, lo ha ripetuto recentemente anche Giovanni Paolo II, non una democrazia, non si regge sul dialogo fra base e vertice, anche se quel dialogo dia frutti, anche se la cultura dotta indubbiamente suggestionata da quella popolare; per quanto eletto, nessuno pensa che il papa debba render conto ai propri elettori; figuriamoci nel Duecento europeo!
Tuttavia ci non sufficiente per negare che gli eretici non fossero quelli che gli uomini di chiesa ci dipingono. Di altro cՏ bisogno. Se diciamo che le idee eversive attribuite agli eretici sono il frutto della cultura dei chierici, mentalmente bisognosi di cogliere il nocciolo ideologico di qualunque fenomeno, e che, analogamente, i maggiori e pi accreditati studiosi delleresia si sono sforzati di raccogliere, rendere sistematici, restituire nella maniera il pi possibile coerente i principi ereticali, e di giustificarli nel contesto politico e sociale coevo, e niente pi, cadiamo nello stesso errore metodologico: ad unidea ne opponiamo semplicemente unaltra, ci precludiamo la possibilit di procedere oltre, di cogliere – per quanto naturalmente possibile oggi - la vita vera di quegli uomini e donne, la loro problematica dimensione esistenziale, la concretezza giornaliera del loro difficile mestiere di vivere, le loro scelte, eresie nel senso etimologico. Ma invece possiamo fare ben altro: possiamo mettere a confronto la rappresentazione della cosa ed il suo reale manifestarsi, le dottrine descritte nei trattati e le affermazioni degli inquisiti, la consequenzialit delle domande previste dal manuale inquisitoriale e le risposte degli indagati, cos come le leggiamo nei resoconti processuali. Se lo facciamo, superando le difficolt oggettive di una documentazione che ci viene quasi esclusivamente dalla parte vincente, ci troviamo di fronte un continuo corto circuito.
O, se si preferisce, una totale incomunicabilit. Linquisitore vuol sapere a quale setta ereticale linquisito appartenga, e linquisito non sa di che cosa linquisitore stia parlando; linquisitore vuol sapere quali riti catari, che lui ben conosce, linquisito abbia praticato, e linquisito cade dalle nuvole; linquisitore vuol sapere quali eresiarchi linquisito abbia frequentato, e linquisito dice che a suo parere si trattava di brave persone, boni homines. Il mondo ereticale descritto nei trattati e nei manuali, che linquisitore si sforza di modellare sullinquisito, non ha reale riscontro.
In fondo allinquisitore non interessa minimamente entrare nel merito delle opinioni dellinquisito. Leresia cՏ sempre stata e sempre ci sar, assume solo nomi nuovi; per spiegarne le ragioni, infatti, si ricorre sempre e dovunque ai padri della chiesa, a Girolamo ed Agostino, come se non si fosse alcuna storia del dissenso. Che lo pensassero gli uomini di chiesa del Duecento ben comprensibile; non lo si pu concepire negli studiosi di oggi. Ed invece proprio quel che avvenuto; fino a qualche anno fa.
Ora – finalmente! – ci si accorge che perfino latto di fondazione del catarismo, il cosiddetto concilio di Saint-Flix-de-Caraman, dubbio (oltre tutto, presupporrebbe contatti col bogomilismo balcanico gi consolidati); che perfino il termine catarismo, abitualmente oggi in uso. se non del tutto una invenzione storiografica moderna poco ci manca: certo non solo che i catari fra di loro non si chiamano mai cos, ma addirittura che gli inquisitori nei loro atti li designano assolutamente con quel nome. Laveva adoperato per primo il canonista Ivo di Chartres alla fine dellXI secolo, riprendendo una lettera di Innocenzo I (papa dal 401 al 417) indirizzata ai vescovi di Macedonia a proposito di his qui nominant seipsos catharos, id est mundos (coloro che si nominano catari, cio puri); la stessa formula si ritrova, parola per parola, nei Sermoni contro i catari di Ecberto di Schnau del 1163, che certamente ripeteva Ivo, per definire gli eretici del suo tempo. Unorigine dotta, dunque, frutto e seme di un totale fraintendimento.
Il mito- comՏ stato chiamato - di una grande chiesa catara, a dimensione europea, sostanzialmente uguale nella zona renana come in Italia, in Catalogna come in Linguadoca come in Inghilterra, robustamente provvisto di una fede, una gerarchia ed una liturgia, nasce cos, di fraintendimento in fraintendimento, fino ai giorni nostri.
Nessuna antichiesa catara globale risulta dagli archivi di un secolo di inquisizione albigese, nessuna rete di chiese catare. La figura delleretico perfetto, intesa come grado sacerdotale, un ulteriore esempio di cecit storiografica. Come diacono e vescovo, suggerisce immediatamente la sua origine ecclesiastica dotta: non di un ordine eretico si tratta, ma di una espressione che allude al grado di convinzione eretica, leretico completo, leretico del tutto, oppure, forse, leretico che mira alla perfezione; sempre ci soccorrono gli atti dellinquisizione: mai gli inquisiti si rivolgono ai perfetti come a ministri della loro fede. La storia di questi termini ancora tutta da fare; quello di cui dobbiamo essere certi che non hanno il significato che fino a ieri stato loro attribuito. Lo stesso per i riti della riverenza, delle benedizioni, del consolamento, definiti dagli inquisitori come adorazioni ed ereticazioni, termini che rivelano istantaneamente la deformazione di questi professionisti dellinchiesta, che li giudicano semplicemente atti didolatria e diniziazione ad una setta.
No: leresia catara leresia delle brave persone, dei boni homines, e, pi raramente, delle bone mulieres. La banalit di queste espressioni non deve trarre in inganno; invece che termini generici, a prima vista insignificanti, sono la vera cifra di quello che ormai trentanni fa ho chiamato malessere ereticale. Ancora e sempre sono proprio gli atti dellinquisizione a chiarirlo con palmare evidenza, a saperli leggere: quando il notaio registra una deposizione in cui compare quellespressione, traduce: intelligens de hereticis, cio gli eretici. Dcevante en effet, aussi bien pour les clercs perscuteurs de lՎpoque que pour les historiens modernes, cette dnomination des bons hommes donne aux ministres de lhrsie. Parce que parfaitement ordinaire. Dangereuse aussi, car la banalit mme, la quotidiennet de la dissidence relle constituait sans doute la menace la plus grave pour lՃglise (Ingannevole effettivamente, tanto per i chierici persecutori dellepoca quanto per gli storici moderni, questa denominazione di buoni uomini data ai ministri delleresia. Perch del tutto ordinaria. Anche pericolosa, visto che la stessa banalit, la quotidianit della dissidenza reale costituiva senza dubbio la minaccia pi grave per la Chiesa), scrive oggi Thry, parafrasando quasi quel che scrivevo nel 1978, allora accolto con sufficienza dalla comunit degli eresiologi italiani.
Se non quello che ci hanno descritto, chi dunque leretico? Con ancora maggiore convinzione ribadiamo oggi che un credente normale, che desidera vivere concretamente, giornalmente, non eroicamente, il Vangelo, insoddisfatto dei modelli che listituzione ecclesiastica – sempre pi irrigidita e rafforzata - gli propone come esclusivi, e che vede ogni modello non suggerito dalla istituzione come eversivo. Ecco come seguire i suggerimenti di persone stimabili per il loro comportamento, bona opera, o per i discorsi che fanno, bona verba, o per quel che fanno coerentemente con quel che dicono eresia, sostanzialmente rifiuto dellistituzione. Eppure candidamente gli accusati dichiarano di aver creduto che quei boni homines avessero una fede (ortodossa) a tutta prova, di averli considerati amicos Dei, amici di Dio, o addirittura santi, di aver visto in ci che dicevano cose vere (veraces): seguendo loro ci si sarebbe salvati! E cՏ chi sostiene che i catari fossero un movimento non cristiano
Probabilmente vero quel che sostenne Bernard Dlicieux: se san Pietro e san Paolo fossero portati davanti gli inquisitori, questi li avrebbero tanto maltrattati da far loro confessare di essere eretici. Filippo il Bello e Clemente V cominciarono ad avere qualche dubbio sui metodi dellinquisizione.