Volo radente

Trovo in ÇDeutsches ArchivÈ 43 (1987) 289 una scheda relativa al mio lavoro Itinerari ereticali: Patari e Catari tra Rimini e Verona Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo 1986 (Studi storici 153). Vi si legge - in sintesi - che nel corso del libro prima mi lancio in funamboliche, personalissime trovate, poi mi esibisco in stratosferici HšhenflŸgen interpretativi. Su questi ultimi il dialogo  totalmente precluso, visto che lĠestensore della nota si dice incapace a seguirmi su quel terreno (o forse bisognerebbe dire: in quei cieli? ChissˆÉ). La cosa non mi sorprende affatto, poich ben conosco i meriti eresiologici del mio recensore, tutto teso a privilegiare lĠaccertamento dei fatti, mentre io da sempre mi sforzo di chiarire i perch di certi comportamenti. Scendo quindi di quota e volo radente.

Su di uno solo dei miei singolari punti di vista il recensore pensa di poter entrare nel merito: lˆ dove io sostengo che il massimo sviluppo del movimento ereticale in Italia si ebbe nella seconda metˆ del XIII secolo, e non nella prima, mi ricorda, con un sorriso non privo di compatimento, che questo  dovuto semplicemente al fatto che prima non cĠera lĠinquisizione, e dopo s“. LĠosservazione mi colpisce come fulmine a ciel sereno (sempre il cielo di mezzoÉ), e nel profondo: ma come, dopo un ventennio speso a studiare il fenomeno ereticale non me ne ero mai accorto! O almeno cos“ si vede che si desume dalla lettura dei miei lavori, dove  da immaginare che usi delle parole inquisitore e inquisizione intendendo un qualche cosa di simile ad un titolo accademico. Pur navigando nella bruma nordica mi pare di capire che il ragionamento del mio recensore sia il seguente: nella prima metˆ del Duecento gli eretici sono moltissimi, ma non abbiamo il supporto documentario degli atti inquisitoriali a provarlo; nella seconda metˆ invece  esattamente il contrario. Mah! Appena riesco a riavermi dal collasso, mi viene da supporre che il mio recensore non abbia per˜ ben compreso: perch io ho fondato quella convinzione proprio sulla base dellĠanalisi degli atti generati dallĠinquisizione! Diluiti in mezzo secolo, tra 1260 e 1310 (ed allĠinterno di questo intervallo per diversi anni neppure un caso), son riuscito a contare neppure ottocento eretici in tutta lĠItalia settentrionale, dalla Romagna al Piemonte, dalla Liguria al Friuli, anche includendo nel conto testimonianze vaghe ed allusioni ben poco credibili: il teste tale dice di aver sentito una ventina dĠanni fa o gi di l“ sentir dire da un altro tale che tizio era eretico perch non andava mai in chiesa! E diverse ricerche seminariali di studenti da me dirette non hanno fatto che confermare quella cifra. Che fare? A ciascuno il suo.

Ma scendiamo ancora pi in basso, e veniamo al rilievo pi pesante: la mia edizione degli atti della vicenda di Armanno Pungilupo  del tutto inutile, anzi era meglio lĠedizione delle Antiquitates , perch il Muratori magari non sempre leggeva correttamente, ma in ogni caso dava sempre la lezione migliore!. Lascio al suo creatore questi singolari criteri ecdotici, ed osservo pochissime cose.

Scioccamente non ho ritenuto di documentare passo per passo di quanto si discosti la mia edizione da quella muratoriana, supponendo che la cosa sarebbe stata accettata pacificamente. Errore fondamentale! Ma irrimediabile, ormai, perch in questa sede non posso certo occupare una ventina di pagine fitte fitte a mostrare quante omissioni ed errori di lettura siano nella versione delle Antiquitates (un unico esempio che mi titilla: ei ego unquam comedam divenuto nellĠedizione muratoriana Ego utique veniam ). Mi limito quindi ad una difesa che so giˆ disperata.

Trascuro il fatto che il Muratori abbia dato una sua personale trascrizione di quegli atti alterando profondamente lĠordine di presentazione delle varie sezioni, mentre io ho ben chiarito che ci sono rimasti conservati allĠinterno della inedita Historia Ferrariae di Pellegrino Prsisciani, inquadrati e commentati dallo stesso Prisciani; trascuro di aver indicato che il libello presentato dallĠinquisitore  il frutto di una manipolazione degli interrogatori, tanto che a margine di ogni deposizione  segnato il numero (!) del testimone relativo; tralascio il fatto di aver pubblicato anche quello che il Muratori non aveva edito, fra cui la nota che certifica il mancato parere del consiglio dei sapienti sulla questione fondamentale se Armanno avesse dato e ricevuto il consolamentum , un resoconto finora ignoto della fine di Dolcino, che - fra lĠaltro - ci dice il nome di chi - Guglielmo di Beroa - pronunzi˜ la condanna, oltre alla sentenza di assoluzione del clero ferrarese, ugualmente finora inedita: evidentemente agli occhi del mio recensore si tratta di frattaglie. Chiamo a difesa un unico teste. NellĠedizione muratoriana si trova citato un vescovo degli eretici dallĠidentitˆ problematica: Bonaventura Belasmagra. Questa citazione obblig˜ studiosi del calibro di Dondaine e Borst a diverse capriole intrepretative (non forse dĠalta quota, ma sempre capriole) per trovargli un posto verisimile nella cronologia e nella geografia ereticale. La mia edizione, ahim, dichiara inutili quegli sforzi, perch lˆ dove Muratori lesse Belasmagra si deve leggere Belasmanza , nome tra i pi noti. Non solo, ma poich il magistero di questo vescovo si dilaterebbe a dismisura, le gerarchie catare immaginate sia da Dondaine sia da Borst, non sono ora pi accettabili. Ma anche questa deve essere una allucinazione, e forse veramente era meglio rimanere allĠedizione delle Antiquitates.

Mesto rilazo la testa, e ritorno a veleggiare verso lĠalto: per aspera ad astra.