Fieschi, Obizzo, vescovo di Parma

Ricordato in passato erroneamente come Sanvitale, invece sicuramente di Lavagna, era figlio di Ruffino Fieschi, fratello di Ugo conte di Lavagna, di Ibletto vescovo di Albenga e di Alberto arcidiacono della chiesa parmense; morì il 22 maggio 1224 e fu sepolto nel coro della cattedrale di Parma.
Viene ricordato la prima volta come canonico della chiesa parmense il 4 settembre 1178; risulta poi prevosto della cattedrale, ma in seguito dovette abbandonare l'incarico, che il 18 giugno 1188 risulta occupato da altra persona. Il 27 aprile 1189 appare incaricato da Innocenzo III di far pace tra prevosto e canonici della cattedrale. Il 10 giugno 1191 Celestino III ordina al canonico O., suddiacono parmense, ed a maestro Giovanni di Bergamo di far pace a Reggio tra i canonici della cattedrale ed i chierici di S. Prospero. Il 13 dicembre 1192 lo si vede rioccupare la prevostura. Risulta poi vescovo eletto il 23 dicembre 1194; ancora come eletto è ricordato in un diploma di Enrico VI del 29 maggio 1195; mentre risulta già confermato il successivo 14 giugno.
Fu sempre tenuto in stima dai pontefici che lo videro normalmente obbediente - ma mai zelante - ai loro desideri. In omaggio ai voleri della Santa Sede comunque esercitò sempre un'intensa attività: subentrò a Sicardo vescovo di Cremona nella composizione di una lite tra un arciprete ed una badessa il 5 ottobre 1197; emanò una sentenza papale l'8 gennaio 1199; venne chiamato a collaborare attivamente contro il marchese Guglielmo Pelavicino, i cui servi avevano derubato il legato papale Pietro di Capua, di passaggio per le sue terre: il pontefice il 20 aprile 1198 aveva minacciato i vescovi di Parma e di Piacenza di togliere loro il vescovato se il cardinale non avesse avuto soddisfazione. Quindi - intensificando la pressione - il 26 di agosto Innocenzo III proibì al vescovo di Parma di esercitare qualsiasi giurisdizione epicopale su clero e chiesa di Borgo San Donnino; infine scomunicò i cittadini di Parma e Piacenza, ed anche O., che non si erano mostrati sufficientemente attivi. Risoltasi la questione sarà lo stesso Innocenzo III a darsi da fare contro Piacenza perché Borgo San Donnino torni sotto la giurisdizione parmense, chiamando all'opera l'abate di Lucedio, l'arcivescovo di Milano, i vescovi di Vercelli, Bergamo, Lodi, Crema, Reggio. Nel novembre 1201 O. ricevette da Innocenzo III notifica ed invito a pubblicare la scomunica lanciata sui Cremonesi inobbedienti al loro vescovo, mentre nel 1204 venne incaricato dal medesimo pontefice di sciogliere la città dalla scomunica e di curare gli atti relativi. Nel 1212, insieme all'abate di San Giovanni ed all'arcidiacono della cattedrale, il papa gli affidò la risoluzione di una questione posta dal vescovo di Vercelli circa l'elezione del vescovo di Milano: si dovevano indagare i precedenti per stabilire le consuetudini locali circa ruolo e diritti dei vari prelati della diocesi nella elezione del metropolita Il 13 maggio 1213 Innocenzo III ordina ad O., all'arcidiacono ed a Guido da Bagnolo canonici parmensi, di avocare alla Santa Sede la causa in atto tra il monastero di Nonantola e la chiesa di Modena a proposito della chiesa di Spilamberto. Il 1214 vede un appello della Santa Sede ad O. perché si adoperi per la liberazione dei luoghi santi; poi l'invio del nostro vescovo a Piacenza, che sulle prime aveva rifiutato l'invito ed era stata interdetta e scomunicata, per liberare i suoi cittadini dalle sanzioni papali. Alla fine di luglio del 1215 Innocenzo III gli comunica di aver invalidato l'elezione del vescovo di Cremona successore di Sicardo. Il 22 dicembre 1216 Onorio III gli ordina, insieme ad altri, di provvedere al sostentamento del vescovo di Bobbio, in esilio per aver difeso la sua chiesa. Nel 1217 è a Modena sempre su richiesta papale a giudicare dei contrasti tra Modenesi e Ferraresi circa il passaggio per il Po, risolvendosi a favore di Modena. Il 21 aprile 1218 ancora Onorio III lo incarica di farsi parte diligente per l'applicazione di una sentenza riguardante il conferimento di una certa prebenda della chiesa piacentina ad un canonico modenese. Il 18 giugno successivo il papa ordina ad O. e ad altri vescovi di lanciare scomunica ed interdetto contro podestà e comune bolognese abusivamente impadronitisi di alcune terre dell'eredità matildina di spettanza della Santa Sede ed attribuiti in feudo al ferrarese Salinguerra Torelli.
Tenne, accanto al titolo di vescovo, anche quello comitale, che anzi volle riaffermare con insistenza in atti del 1206, 1209, 1211, 1223. In particolare il 30 marzo 1210, dopo aver giurato fedeltà all'impero, ottenne da Ottone IV la riconferma dei privilegi già concessi al suo episcopio da Enrico VI, con l'aggiunta del riconoscimento che gli esiliati dal territorio della giurisdizione episcopale fossero da intendere esiliati dal distretto parmense, che podestà e consoli non si dovessero intromettere nella cause ecclesiastiche, che qualunque magistrato cittadino dovesse avere conferma ed investitura dal vescovo. Poi l'imperatore venne a Parma, e gli ufficiali comunali gli presentarono le loro proteste per le concessioni appena fatte ad O., ricordandogli opportunamente i termini della pace di Costanza. Ottone rispose positivamente da Lodi il 26 maggio, dichiarando nullo qualsiasi privilegio in contrasto con le concessioni di Costanza; di qui il ricorso all'imperatore del vescovo, che per parte sua ottenne un nuovo decreto emanato da San Salvatore di Pavia il 17 agosto 1216 che dichiarava impregiudicati il diritti dell'episcopio dal precedente decreto in favore del comune. Ottone cercava alleati ovunque, e la contraddizione apparente del suo comportamento ne era la conseguenza. I contrasti tra comune e vescovo continuarono accesi: nel 1214 si registra una dichiarazione conciliante di soggezione paritaria a vescovo e comune, ma nel 1217 O. orgogliosamente scomunica chi ha falsamente dato per già avvenuta la sua benedizione al carroccio della città, impegnata nella difesa dell'alleata Cremona. E quanto si era verificato al tempo di Ottone IV si ripete nel 1219 con Federico II: ambasceria del comune e conseguente rilascio del diploma di conferma dei privilegi cittadini; ricorso del vescovo e nuovo diploma che proclama intangibili i diritti dell'episcopio. Ma questa volta la politica aggressiva del comune ebbe la meglio: venne negato l'obbligo degli ufficiali comunali a ricevere l'investitura dalle mani del vescovo, negata la giurisdizione della chiesa sul contado, ridimensionata al diritto di giudicare solo di cause matrimoniali, di usura, di manomissione, alla decretazione su materie minori. O. ricorse, non si capisce a quale titolo, al papa, ottenendo che al vescovo di Bologna fosse demandata l'indagine sui contrasti tra vescovo e comune. Prontamente O. si portò a Bologna nel maggio 1220 con una ricca documentazione sui suoi diritti, sul suo titolo di comes per volere imperiale, sui precedenti circa l'investitura degli ufficiali comunali, sulla giurisdizione episcopale esclusiva sul contado, con la minuziosa elencazione dei podestà rurali di emanazione vescovile. Il giudizio del vescovo di Bologna non fu pronunciato perché il procuratore del comune di Parma si allontanò, ma il 2 giugno il papa comunicò ad O. di aver emesso sentenza a suo favore, ed il 17 novembre esortò addirittura Filippo di Francia a sequestrare i beni dei parmensi nel regno fino a che il comune di Parma non si fosse piegato. Ma il comune non si piegò, neppure quando anche il neoincoronato Federico affiancò il pontefice nella condanna dei parmensi ostili al loro vescovo; tanto che O. fu costretto all'esilio, come apprendiamo da una lettera del pontefice del 1° marzo 1221. Fino a che si raggiunse un accordo di compromesso formalizzato il 10 luglio di quello stesso anno.
Fu molto sollecito nel dirigere la diocesi e nel conservare ed accrescere il patrimonio della sua chiesa. La sua attività nell'acquistare, vendere, permutare, ripetere ricognizioni feudali è riccamente documentata, così come la continua sollecitudine per il buon funzionamenteo del servizio religioso. Il 13 settembre 1197, ad esempio, condiziona il percepimento di benefici e prebende del canonicato della cattedrale alla presenza, e stabilisce che i canonici che avevano raggiunto solo gli ordini minori godessero solamente della metà della prebenda. Lo si vede attivo nella permuta di un feudo della chiesa parmense il 2 aprile 1198; nell'investitura di bosco e terra il 3 successivo giugno; il 24 settembre 1199 concede licenza di edificare nei pressi e sulle mura al prevosto Ugo ed a Baldo maestro delle scuole; il 22 marzo 1202 concede di costruire la chiesa di un ospedale; il 31 maggio successivo cede alla sua cattedrale la decima della pieve di San Cassiano, e conferma le attribuzioni dei suoi predecessori; di un altra transazione di terre è autore il 24 aprile 1204; il 28 luglio 1205 concesse ad una cappella di conferire il battesimo nelle feste solenni; il 27 gennaio 1206 acquistò terre per la sua Chiesa; il 15 ottobre successivo ottenne da Innocenzo III la conferma del decreto del suo predecessore Bernardo II, da lui approvato, che limitava a sedici il numero dei canonici fino a che le rendite della chiesa non fossero cresciute; allo stesso modo limitò a cinque il numero dei canonici di Santa Eulalia (Sant'Ilario d'Enza), preovvedimento confermato dal papa il 2 giugno 1220; cedette alcune decime alla chiesa di Borgo San Donnino il 6 agosto 1211; limitò a quattro il numero dei chierici di S. Andrea di Parma, a sei quello dei canonici di Montecchio, a tre quello dei chierici di S. Ambrogio di Parma, a quattro di S. Pietro di Vigatto, come a S. Pietro di Carignano, sei ad Arola, quattro a Calestano. E via di questo passo fino al termine della sua vita.
Un ruolo di semplice comprimario svolse invece nelle grandi vicende politiche del suo tempo. Appare solo come testimone con altri nella tregua firmata tra le città padane il 20 gennaio 1196 nella chiesa di Borgo San Donnino; lo si vede procedere incontro ad Ottone IV, ed accanto a lui è ad Imola il 30 marzo 1210. Quando i rapporti tra papa ed imperatore si guastarono O. venne chiamato ad agire in accordo con la Santa Sede: il 16 aprile 1212 Innocenzo III gli ordina di sottoporre al vescovo di Cremona la giurisdizione che Piacenza, favorevole ad Ottone, aveva su Crema. Il 29 ottobre il papa ammonisce Alessandria a ritornare fedele alla Chiesa abbandonando la parte di Ottone, e minaccia altrimenti di incaricare il vescovo di Parma di amputare della chiesa di Acqui quella di Alessandria, fino a toglierle il titolo episcopale. Nell'aprile 1213 O. è a Ravenna insieme ai visitatori pontifici di Lombardia, il vescovo d'Ivrea, di Mantova, Bologna, Reggio ed altri, non sappiamo in che cosa impegnati. Il 2 dicembre 1218 è anonimamente al congresso di Lodi voluto dal legato papale Ugo dei conti di Anagni, il futuro Gregorio IX, per una generale pacificazione tra le città padane, così come anonimamente è a Spilambereto il 30 settembre 1220 alla condanna voluta da Federico II del conte Alberto di Casaloldi di Brescia.
Fuit pulcher homo et honesta persona, dice Salimbene; veramente sembra per lui - figura non eccelsa, ma coscienzioso ed attento ufficiale della Chiesa ed amministratore - il migliore epitaffio.

Fonti edite

Chronicon Parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, ed. G. Bonazzi, in RIS, n. ed., 9/9 (1902-04), p. 9; L. A. Muratori Antiquitates Italicae Medii Aevi, II (1739), coll. 279-81; G. Tiraboschi Storia dell'augusta badia di S. Silvestro di Nonantola, Modena 1785, II, p. 350 n. 412; I. Affò Storia di Parma, voll. 4, Parma 1789-95 (= 1957), III, pp. 4-5, 75, 116, 267 n. 7, 270-71 n. 12, 275-77 n. 18, 278-79 n. 21, 282-84 n. 26, 287-89 n. 31, 291-93 nn. 35-36, 295-96 nn. 38-39, 297-01 nn. 41-43; Constitutiones et Acta publica Imperatorum et Regum, ed. L. Weiland, in MGH Const., I (1893), pp. 517-18 n. 368; II (1896), pp. 100-02 nn. 80-81; Annali genovesi di Caffaro e de' suoi continuatori..., edd. L. T. Belgrano - C. Imperiale di Sant'Angelo, II, Genova 1901 (Fonti per la storia d'Italia, 12), p. 182; G. Drei Le carte degli archivi parmensi, III, Parma 1950, pp. 556-57 n. 761, 591-92 n. 819, 593-95 n. 822, 598-604 n. 828, 653-54 n. 916, 688-89 n. 11, 709-10 n. 41, 722-24 n. 59, 729 n. 69, 732-33 n. 75, 734-36 n. 77, 743-44 n. 87, 749 n. 94, 754-55 n. 104, 756 n. 106, 757-58 n. 109, 760-62 nn. 115-19, 763 n. 121, 764 -67 nn. 123-27, 767-68 nn. 129-30, 769-70 nn. 132-33, 771 n. 136, 772-73 n. 138, 774-75 n. 140, 777-78 n. 145, 779 n. 147; Salimbene de Adam Cronica, ed. G. Scalia, 2 voll., Bari 1966, pp. 85, 97, 851.

Bibliografia

N. Pelicelli Dante, gli Aldighieri di Parma..., Parma 1921, p. 83; Pelicelli I Vescovi della Chiesa parmense, I, Parma 1936, pp. 172-89; A. Schiavi La diocesi di Parma, Parma 1940, p. 238 n. 22.

Repertori

F. Ughelli Italia sacra..., II, Venetiis 1717 (= Nendeln 1970), II, coll. 173-76; A. Potthast Regesta Pontificum Romanorum, I, Berolini 1875 (= Graz 1957), nn. 89, 413, 2338, 4380, 4989; Ph. Jaffé Regesta Pontificum Romanorum, II, Lipsiae 1888 (= Graz 1956), n. 16408; C. Eubel Hierarchia catholica Medii Aevi, Monasterii 1913 (= Padova 1960), I, p. 391; II, p. XXXIV